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LA NOTTE DEL 20 LUGLIO 1969

Allunaggio in tv, il primo spettacolo globale

di Mario Margiocco

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"Ha toccato!" dice Roma alle 22,17. "No, non ha toccato", ribatte Houston. L'Italia viveva così, con l'aggiunta di un piccolo battibecco in diretta tra due protagonisti della tv in bianco e nero, il telecronista Tito Stagno da Roma e il corrispondente Ruggero Orlando dalla capitale della Nasa, il grande momento del primo uomo sulla Luna. A Houston erano le 15,17 di domenica 20 luglio 1969. Alcune ore dopo, esattamente alle 4,56 del mattino ora di Roma, Neil Armstrong metteva piede sul suolo lunare. Aveva ragione Stagno, che seguiva le comunicazioni di Houston in cuffia, mentre Orlando era in sala stampa.
Lo sbarco sulla Luna è stato per l'Italia l'ultimo grande avvenimento prima della lunga stagione dell'imbarbarimento, della violenza e della confusione che doveva segnare gli anni 70, incominciati per l'Italia il 12 novembre 69. La bomba di Piazza Fontana a Milano, i suoi 17 morti, e le altre bombe di quel giorno aprivano una stagione dolorosa. Anche per questo, forse, nella memoria collettiva degli italiani dai capelli grigi, lo sbarco sulla Luna appartiene a un'altra epoca, a un "prima", come le passeggiate di tutta la famiglia nel parco, la cedrata e la zia con l'ombrellino da sole appartenevano, due generazioni indietro, a un altro "prima", prima del '14.
"Ottomila sigarette, seimila caffè per la notte più lunga della televisione italiana", attacca il documentario che la Rai dedicava alla lunghissima telecronaca. Duecentocinquanta persone, tra giornalisti e tecnici, le voci e i volti da studio di Tito Stagno, Andrea Barbato, Enzo Forcella, e Orlando dagli Stati Uniti. Con un canale e mezzo - Rai due in onda dal 1961 si chiamerà Secondo programma fino al 1975 -, la Rai era allora e da 15 anni il salotto, lo specchio, il dizionario, il palcoscenico , il bar-caffé e la finestra sul mondo degli italiani. Il centrosinistra aveva - leggermente - addolcito i rigidi costumi ufficiali democristiani, anche televisivi, ma si trascinava ormai come formula politica, dopo appena un decennio scarso. Al governo c'era Mariano Rumor, con un Rumor I in carica da dicembre che sarebbe diventato un Rumor II il 5 agosto durando miracolosamente fino al 6 agosto del 70 con un Rumor III. I socialisti, riunificati nel Psu a ottobre del 66, si divideranno di nuovo tra Psi e Psdi il 5 luglio del 69, dopo un anno di deludenti risultati elettorali. A ottobre ci sarà il primo, vero, "autunno caldo" sindacale. "Da questo autunno usciremo tutti diversi" dichiarava con non difficile profezia Carlo Donat Cattin, ministro del Lavoro da poco succeduto allo scomparso Giacomo Brodolini, morto prima di vedere realizzato il suo statuto dei lavoratori.
Si viaggiava, molti viaggiavano, in Fiat 124, Lancia Fulvia, Giulia Alfa Romeo, Austin A 40 e Vw Maggiolino. Oltre che su innumerevoli 500, molte 850 e 1100 e numerose ansimanti 600 ancora in circolazione. Lucio Battisti aveva esordito quell'anno a Sanremo con "Acqua azzurra, acqua chiara", ma a un critico sembrava che cantasse "con i chiodi in gola" e non era piaciuto un granché. L'anno prima uno sconosciuto Paolo Conte, su testi di Vito Pallavicini, aveva fornito ad Adriano Celentano una delle più belle canzoni dell'ultimo mezzo secolo, Azzurro. Sul retro, non la solita banalità, ma Una carezza in un pugno, con l'immortale verso "Ma non vorrei che tu/a mezzanotte e tre/stai già pensando a un altro uomo".La tomba del congiuntivo nella lingua italiana.
Sugli schermi, già molti titoli volgari e fin troppo sculettanti e poi il Satyricon di Fellini, Correva l'anno del Signore, e una delle ultime denunce dell'Italia perbenista, Il commissario Pepe, con Ugo Tognazzi. Per i Beatles il 69 era l'anno di Yellow Submarine. L'America, oltre allo sbarco sulla Luna, regalava quell'anno film come Easy Rider, Un uomo da marciapiede, Butch Cassidy e Il mucchio selvaggio, un Sam Peckinpah che cantava così, con tristezza e vecchi attori, la fine del western. Le nuove praterie erano nello Spazio.

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